
L’istruzione parentale è una scelta! Una scelta che non deve essere accostata, nei limiti del possibile, alla situazione pandemica che, da ormai due anni, condiziona le esistenze di tutti. Dall’avvento del Covid, l’homeschooling è diventato argomento sempre più noto, più discusso, più condiviso da quelle famiglie che, preoccupate per i rischi legati ai contagi, all’incostanza dell’istituzione scolastica, quarantene e tamponi, vaccini e obblighi, hanno optato per la scoperta di un mondo alternativo.
E qui casca l’asino! Perché legare una decisione così profonda, radicale, impegnativa e seria ad una situazione particolare e circostanziata potrebbe tradursi in una scelta che parte azzoppata.
Ma esiste un elemento che rappresenta un quid, un problema nel problema, ed è rappresentato dalla disputa tra vax e no vax.
Da quando le misure per il contenimento della pandemia hanno varcato la soglia delle scuole italiane, con obblighi vaccinali imposti a docenti e personale e l’uso dei dpi anche per gli studenti, quella parte delle famiglie e del corpo insegnante che a queste regole non ci vogliono proprio stare, hanno pensato a trovare alternative. E tra “scuole parallele” organizzate da gruppi di promozione che viaggiano su Telegram e puri e semplici percorsi di descolarizzazione individuali, in molti hanno optato per l’abbandono della scuola.
Ma puó essere questa una ragione valida per ovviare alla situazione e aggirare le norme vigenti? Creare un universo a sè nel quale le regole dello Stato non trovano spazio, può essere funzionale a costruire un equilibrio reale o è solo un’effimera illusione di fuga dalla realtà? Per di più parziale!
L’istruzione parentale è certamente una scelta culturale, educativa, con un importante impatto sull’individuo e il suo ruolo nella società ma ha senso trattarla come forma di disobbedienza civile?